Ciao Salvatore, ci mancherai!
Di Leonardo Zaccone • 26 luglio, 2022
Con queste poche parole vogliamo ricordare Salvatore Iaconesi, artista e amico, che ha toccato profondamente i nostri spazi e le nostre umanità. Il pensiero e i processi seminati in questi anni continueranno a fermentare in noi e in molti altri sicuramente, a lungo e senza fretta.
Come ci disse l’inverno scorso aggiornandoci sulla sua malattia: “E mo’ so’ cazzi vostri!”
Devo molto a Salvatore Iaconesi. Occupandomi da sempre di arte e tecnologia, devo molto al suo lavoro di artista digitale e innovatore. Per noi e sicuramente per tanti altri, Sal era un punto di riferimento. Bastano i numerosi testi scritti più o meno recentemente per cogliere la profondità del pensiero di un artista visionario, che non fece del rapporto con la tecnologia una semplice cifra stilistica, ma un’urgente necessità espressiva in una società sempre più tecnologizzata. L’arte digitale come meccanismo di riappropriazione della consapevolezza tecnologica, di condivisione e divulgazione, di riflessione sui principi e sui processi digitali che in modo sempre più incisivo formano le nostre vite. E non come strumento di virtuosismo tecnologico, non come strumento di separazione.
Devo molto al pensiero di Salvatore Iaconesi, ma come uomo devo molto a Salvatore in quanto amico.
La prima volta che sentii parlare di lui fu per la Cura, quando decise di condividere con il mondo la sua malattia e il suo processo di cura, una performance artistica e sociale che mi colpì moltissimo. Era il 2010. Ebbi modo poi di incontrarlo fugacemente a qualche convegno o evento in cui, insieme a Oriana, era chiamato a intervenire riuscendo, come spesso faceva, a stravolgere il pensiero e il percorso di tutto ciò che veniva detto. Niente era mai scontato quando Salvatore prendeva la parola. La sua capacità di stupire e di stupirsi. Una parola che sempre diceva quando ascoltava qualcosa di bello, di nuovo, ma anche qualcosa di semplice e affettuoso: “Meraviglia!”
Ma il momento in cui davvero incontrai Salvatore e Oriana fu nel novembre 2015 a Capri, per un evento organizzato da un altro grande amico e innovatore, Alex Giordano. Hacking Melanoma.
Alex mi chiamò a fare da tutor per la parte di innovazione di processo ma chiaramente si parlava di Hacking, e di melanoma, e naturalmente Salvatore era per tutti noi lì presenti la voce da ascoltare, ma altrettanto naturalmente per Salvatore la cosa più importante era costruire una voce che fosse davvero comune e condivisa.
Ho un ricordo vivido a Capri di due momenti che mi hanno cambiato intimamente, e che spesso avevamo modo di ricordare con Sal e Oriana nelle varie cene che in questi anni abbiamo condiviso:
Un primo momento estremamente intimo, quando ci fermammo dopo cena a parlare, di tutto, io, lui, Oriana e Alex, nella terrazza dell’albergo di fronte al mare, fino all’alba, aspettando che il sole schiarisse nuovamente i nostri pensieri. In quella notte che entrò nel cuore di ciascuno di noi, diventammo davvero amici. Parlammo di tutto. E da quella notte Salvatore mi aprì la mente una volta di più alla compenetrazione, all’idea che nessuno e niente può essere così chiuso da non poter essere compenetrato, e che nella compenetrazione è la verità delle cose. Hackerare per schiudere le cose, vedere ogni fenomeno da un punto di vista diverso dal consueto per leggerne le sfaccettature che non immaginavamo neanche avesse. Costruire un nuovo immaginario dei processi. Ancora oggi è quello che cerchiamo di fare anche qui a Chirale. Io iniziai da lì.
Il secondo momento fu pazzesco. Salvatore nella hall dell’albergo di Capri che spiegava a dei professori universitari particolarmente autoritari più che autorevoli, che nessuno aveva diritto di utilizzare in modo estrattivo i dati del corpo di nessun altro, anche se ciò servisse a favorire la ricerca medica. Il fatto che lo dicesse lui, che aveva deciso di condividere tutto il suo corpo malato nella performance la Cura, conferiva all’affermazione un valore assoluto.
E lo diceva in un modo semplice, efficace, performativo, compenetrante: mentre il professore argomentava la sua posizione scientifica, Salvatore davanti a lui senza alcuna aggressività né presunzione ripeteva in modo costante a voce alta “È il mio corpo!”. Per 10, 15, 20 minuti, non saprei dirlo con esattezza. Una sola frase, la risolutezza, la semplicità e la profondità del concetto: in questo sistema dove ciascuno di noi concede i propri dati continuamente senza alcuna consapevolezza, “è il mio corpo!”
La visione di Salvatore è enorme, ripensandola in questi giorni mi appare ancora più chiara: mentre molti amano rendere pubblica la propria vita, per poi tenerla essenzialmente privata dagli altri, Salvatore ha sempre tenuto riservata la sua vita per poi essenzialmente condividerla. Riservata e condivisa, come la sua arte, come la sua opera. “Salvatore non ha mai creduto nei supereroi, ma nel Codice aperto”.
Da Capri è nata una bella amicizia e anche delle collaborazioni professionali, come quando Salvatore e Oriana chiesero a Chirale di realizzare insieme Obiettivo, la prima opera d’arte datapoietica oggi conservata presso la collezione permanente della Farnesina, e di partecipare allo sviluppo della Datapoiesis. In quei mesi abbiamo condiviso con loro Spazio Chirale.
Lavorare insieme per Salvatore era importante. Non amava mai lavorare da solo, sempre insieme a Oriana anche nella formazione del pensiero, e sempre insieme a tante e tanti perché credeva molto nel lavoro collettivo.
Recentemente avevamo collaborato al Nuovo Abitare e all’installazione What a Wonderful World che in questo momento si trova al MAXXI. L’ultimo lavoro di Sal e Oriana, e del Nuovo Abitare, prima di partire. L’inaugurazione al Maxxi il nostro ultimo abbraccio.
Ciao Sal! So che saprai perdonarmi se questo testo forse non possiede l’irriverenza e la potenza che avresti meritato. Però possiede il nostro affetto per te. So che ricevendolo ci sorriderai sopra, e guardandoci a volto aperto esclamerai come sempre: “Meraviglia!”